“Non Ho Mai Alzato Le Mani, Ha Strumentalizzato La Violenza”: Basciano Choc A La Zanzara Ribalta Le Accuse Di Sophie Codegoni

Il circo mediatico delle coppie nate sotto i riflettori ha trovato il suo nuovo, drammatico atto sul palcoscenico irriverente e diretto de La Zanzara. La trasmissione radiofonica condotta da Giuseppe Cruciani è diventata il tribunale dell’opinione pubblica per Alessandro Basciano, ex concorrente di reality e volto noto, il quale ha scelto il microfono per una difesa choc contro le gravissime accuse mossegli dall’ex compagna, Sophie Codegoni. Il suo intervento non è stato solo una negazione, ma un’accusa a sua volta, lanciando un sasso pesante nello stagno già torbido delle dinamiche processuali e mediatiche che avvolgono la violenza di genere.

Alessandro Basciano: "Sophie Codegoni mi ha mandato in galera" - La Zanzara  29.11.2024

Basciano, attualmente costretto a sottostare a un divieto di avvicinamento e a indossare un braccialetto elettronico – simboli tangibili di una presunta colpevolezza – ha dichiarato con veemenza: “Io non le ho mai alzato le mani.” Questa frase, pronunciata con la consapevolezza di chi sa che il peso della pubblica condanna è già caduto, è il punto di partenza di una narrazione che cerca disperatamente di smantellare l’immagine dell’uomo violento che gli è stata cucita addosso.

La Toxic Relationship e La Contro-Accusa Choc

L’ex gieffino non ha cercato di dipingere un quadro idilliaco della relazione terminata, ammettendo che la dinamica di coppia fosse intrinsecamente fallace: “ci sono stati insulti perché la nostra era una relazione tossica.” Questo riconoscimento della tossicità, sebbene non assolva dall’abuso verbale, serve a inquadrare la situazione come un conflitto bilaterale e non come l’unidirezionale atto di aggressione che gli è stato imputato.

Ma è sulla questione della violenza di genere e sull’uso dei canali legali che Basciano ha affondato il colpo più duro, quello destinato a generare polemiche e discussioni. Egli sostiene che il Codice Rosso, lo strumento legislativo vitale per la protezione delle donne, sia stato nel suo caso “amplificato dalla mia mediaticità, dal fatto che ho partecipato a programmi televisivi.” In sostanza, l’essere un personaggio noto avrebbe distorto il processo giudiziario, trasformando una lite, seppur violenta verbalmente, in un caso eclatante di violenza fisica domestica.

La sua accusa più grave è rivolta direttamente all’ex compagna: “Lei ha strumentalizzato la violenza sulle donne.” Basciano, pur specificando di parlare del suo caso personale, ha messo in discussione l’onestà delle motivazioni di Sophie Codegoni, suggerendo che l’attivazione del Codice Rosso sia stata mossa da una presa di posizione sul personale e non da una reale minaccia alla sua incolumità. È una mossa narrativa estremamente rischiosa, che nel tentativo di assolvere sé stesso, rischia di banalizzare un tema di cruciale importanza sociale, ma che evidenzia anche le complesse intersezioni tra giustizia, fama e manipolazione mediatica.

Il Trauma dell’Accusato e La Violenza Subita

La difesa di Basciano si è presto trasformata in una narrazione del dolore e del trauma subito, ponendo sé stesso nella posizione di vittima. “La violenza la sto subendo io,” ha affermato, riferendosi non a pugni o schiaffi, ma alla “gogna” pubblica e agli attacchi del pubblico che, a suo dire, avrebbero avuto conseguenze devastanti sulla sua salute mentale e sulla sua vita familiare.

Egli ha rivelato di essere in cura psicologica da dieci mesi, ma non per le dinamiche interne alla coppia, bensì “per il trauma che ho subito successivamente,” ossia dopo l’arresto e dopo essere stato accusato di una cosa che “non mi appartiene.” L’immagine dell’uomo distrutto e traumatizzato dalle conseguenze legali e mediatiche di un’accusa è un elemento centrale della sua strategia difensiva: la vittima non è solo chi subisce l’atto, ma anche chi è distrutto dal sospetto.

L’elemento più straziante, e forse il più efficace dal punto di vista emotivo, è la rivelazione sulla figlia. “Cinque mesi non ho potuto vedere mia figlia,” ha confessato, trasformando la misura cautelare in una punizione che va oltre la sua persona, colpendo il suo ruolo di padre e il legame affettivo. Per il pubblico, la separazione da un figlio è una forma di violenza emotiva innegabile, indipendentemente dalla colpevolezza o innocenza dell’accusato.

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La Perizia Psicologica: Un Certificato di Non Pericolosità

A rafforzare la sua posizione, Basciano ha portato in campo la figura di un’esperta, la sua psicologa, la quale si occupa abitualmente di casi di violenza sulle donne. L’artista ha rivelato di essere stato sottoposto a test specifici, il cui risultato sarebbe inequivocabile: “la mia personalità risulta non pericolosa.”

Questo certificato di “non pericolosità” è un tassello fondamentale, un tentativo di sostituire il giudizio sommario del pubblico con una valutazione professionale e scientifica. Inoltre, Basciano ha aggiunto un dettaglio ancora più controverso, affermando che la psicologa avrebbe anche studiato il comportamento della mia ex compagna. Sebbene la natura e l’esito di tale studio non siano stati specificati, l’intento è chiaro: suggerire che l’aggressività e le dinamiche tossiche non fossero unilaterali, ma che anzi potessero esserci elementi di instabilità o manipolazione nell’atteggiamento di Sophie Codegoni. È il tentativo di trasferire l’onere della prova emotiva sulla parte accusatrice, una strategia spesso adottata in casi di alta conflittualità.

L’Appello Finale: Chi Ha Davvero Subito Violenza?

L’intervento si è concluso con un appello che cerca di elevare la sua vicenda personale a una questione di principio etico e sociale. Basciano ha invitato Sophie Codegoni a scusarsi, ma non a lui, bensì “a tutte le donne che hanno subito violenza.”

Questo finale è un tentativo di posizionare la sua ex compagna come colei che ha sminuito la sofferenza delle vittime reali, abusando di un sistema nato per proteggerle. La sua implicita accusa è che l’uso strumentale del Codice Rosso in un caso di alta visibilità distragga l’attenzione dai drammi veri e, peggio, finisca per indebolire la credibilità del sistema di protezione per chi è davvero in pericolo.

Il caso di Alessandro Basciano e Sophie Codegoni si trasforma così in un monito. Al di là del merito giudiziario, su cui solo i tribunali potranno esprimersi, la vicenda evidenzia l’altissima posta in gioco quando la giustizia incontra lo spettacolo. La gogna mediatica è una violenza a sé stante, capace di distruggere vite e reputazioni prima ancora che una sentenza sia emessa. Allo stesso tempo, l’accusa di “strumentalizzazione” lancia un’ombra inquietante su come le dinamiche di potere e la ricerca di visibilità possano influenzare l’uso di leggi fondamentali. L’Italia è ora in attesa di capire quale, tra le due narrazioni, rispecchi la vera e complessa verità.

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