Il Grande Rischio di Jannik Sinner: Il Genio Incompreso Della Perfezione, L’Allarme Del Coach Francese e La Paura Di Un Crollo Improvviso Nel Ranking

La Solitudine del Numero Due: Perché Jannik Sinner Vuole Cambiare Il Gioco Che Lo Ha Reso Perfetto E La Dura Critica Degli Ortodossi Del Tennis

 

La vittoria su Terence Atmane, che ha assicurato a Jannik Sinner un posto nei quarti di finale all’ATP 500 di Pechino, è stata, contro ogni previsione, un ostacolo più difficile del previsto. Invece di celebrare un successo che prosegue l’impressionante marcia del numero due del mondo, l’incontro ha fatto emergere una verità che sta creando un vero e proprio terremoto nel mondo del tennis: Jannik Sinner ha deciso che la sua attuale perfezione non gli basta. L’azzurro sta attraversando una fase intensiva di sperimentazione del suo gioco, una ricerca ossessiva di nuove soluzioni per rendersi più imprevedibile.

Questa mossa, che per Sinner rappresenta il naturale passo evolutivo per superare i suoi ultimi limiti, è stata accolta da una parte della critica come un atto di ingenuità strategica, se non addirittura di autolesionismo. La voce più autorevole e tagliente in questo coro di dissenso è stata quella dell’ex giocatore e coach francese, George Goven, che in un’intervista al vetriolo concessa a Eurosport, ha espresso una perplessità che riassume lo stato d’animo degli ortodossi del tennis. La domanda è: quando si è vicini alla vetta, si dovrebbe aggiustare quello che è rotto, o si rischia di rompere quello che è perfetto?

Colpo da campione/1: la risposta di Sinner

Il Paradosso della Perfezione e il Grilletto dello US Open

 

Jannik Sinner arriva a questo punto cruciale dopo due stagioni di rendimento impressionante, culminate con il raggiungimento della seconda posizione nel ranking mondiale. La sua ascesa è stata il trionfo di un tennis che Goven stesso definisce “essenziale ma perfetto”. Un gioco basato su colpi piatti, pulizia tecnica quasi robotica e una potenza da fondo campo che non ammette repliche. Eppure, proprio in questa apparente inattaccabilità, Sinner ha intravisto un difetto: la prevedibilità.

La sconfitta nella finale degli Stati Uniti Open, pur non specificata nel dettaglio, è stata il grilletto psicologico che ha innescato la crisi di identità tattica. Contro avversari di pari livello – i veri mostri sacri del circuito come Novak Djokovic o Carlos Alcaraz – l’eccellenza lineare di Sinner ha mostrato i suoi limiti. Nei momenti cruciali, il suo avversario spesso sapeva dove sarebbe caduta la palla e quale schema sarebbe seguito. Per un giocatore che punta a dominare, la prevedibilità è l’anticamera della sconfitta nei tie-break decisivi.

Sinner, con la serietà e la meticolosità che lo contraddistinguono, si è prefissato un obiettivo ambizioso: espandere il suo repertorio tecnico. Questo significa lavorare su variazioni di ritmo, l’uso dello slice, l’avanzamento a rete non solo in chip and charge ma con aggressività costruita, e un servizio più imprevedibile, meno dipendente dalla pura potenza.

 

La Sferzata di Goven: Il Rischio dell’Imitazione

 

La critica di George Goven non è arrivata in sordina; è stata una vera e propria sferzata, un avvertimento categorico. L’ex coach francese ha messo in discussione non solo la necessità, ma la saggezza di questa scelta, definendola “abbastanza sorprendente in questa fase della sua carriera”.

Il punto focale della sua accusa è l’imitazione: “Non capisco perché debba provare nuove soluzioni fino ad assomigliare a Bublik” . Alexander Bublik è noto per essere uno dei giocatori più imprevedibili e, allo stesso tempo, più erratici e incostanti del circuito. Ha un arsenale di colpi fuori dagli schemi, ma manca della disciplina e della solidità mentale che sono i pilastri del gioco di Sinner. L’accostamento è un’accusa pesante, che suggerisce che Sinner stia scambiando la sua affidabilità con un flair non necessario e potenzialmente dannoso.

Goven prosegue con un sarcasmo bruciante che evidenzia la sua profonda preoccupazione: “Vuole forse scendere all’undicesimo o dodicesimo posto della classifica? Il suo ragionamento non mi sembra corretto”. Questo non è solo un dubbio tecnico, è un attacco alla logica strategica di un atleta che, a detta di molti, dovrebbe solo affinare l’essenza del suo gioco, non rivoluzionarla. Il timore è che, nel tentativo di aggiungere un colpo, Sinner possa involontariamente sacrificare la sua base, minando la sua coerenza e la sua fiducia nelle situazioni di alta pressione.

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La Psicologia del Cambiamento: Genio o Autodistruzione?

 

La decisione di Sinner si inserisce in una dinamica psicologica complessa, comune ai più grandi campioni: la ricerca incessante del miglioramento, anche a costo di risultati temporaneamente negativi. Questo processo è solitario e spesso incompreso. Roger Federer ha modificato il suo rovescio; Rafael Nadal ha affinato il suo servizio. I campioni sanno che l’immobilità, anche nella perfezione, porta alla stagnazione.

Tuttavia, la fase di sperimentazione porta con sé rischi enormi, che vanno oltre il mero calo di una posizione nel ranking.

  1. Perdita della Memoria Muscolare: Il tennis, a quei livelli, è reazione istintiva e memoria muscolare. L’introduzione cosciente di nuovi movimenti può disturbare l’automatismo e causare errori forzati proprio nei momenti di massimo stress.
  2. Rischio di Sostituzione: Il pericolo maggiore è che il “nuovo” non si aggiunga al “vecchio”, ma lo sostituisca, annacquando la forza e la precisione che hanno definito Sinner.
  3. Danneggiamento della Fiducia: Se i risultati continuano ad essere più difficili del previsto, come accaduto contro Atmane, la fiducia del giocatore nel proprio istinto e nelle proprie scelte può crollare, portando a una crisi profonda.

Il match contro Atmane è stato la prima, vera cartina tornasole. Sinner ha faticato, commettendo errori insoliti, ma ha anche mostrato lampi di quelle “nuove soluzioni” che, una volta consolidate, potrebbero renderlo realmente ingiocabile. Nonostante le difficoltà, l’altoatesino ha comunque portato a casa la partita, dimostrando che la sua base solida è ancora lì. Ma il prezzo da pagare per questa crescita è visibile e tangibile.

 

Il Sentiero Solitario Verso la Leggenda

 

La storia del tennis è costellata di campioni che hanno dovuto affrontare critiche e scetticismo durante le loro fasi di transizione. La vera differenza tra un grande campione e una leggenda è la capacità di evolvere, di accettare la distruzione temporanea per costruire un’immagine più resistente.

Jannik Sinner, con la sua inesauribile etica del lavoro, sta giocando una partita molto più grande del torneo di Pechino. Sta scommettendo sulla sua capacità di superare non solo gli avversari, ma anche i limiti imposti dal suo stesso genio. La sua è una scommessa ad alto rischio: o si consolida come il giocatore completo e imprevedibile necessario per dominare, oppure finisce per disperdere le sue energie in una ricerca infinita e inutile.

Il suo prossimo avversario nel torneo cinese, l’ungherese Fabian Marozsan, rappresenta un altro banco di prova per questa strategia evolutiva. Ogni match non sarà solo una sfida per la vittoria, ma un test psicologico per convalidare o meno la sua scelta radicale.

La solitudine del numero due è questa: non accontentarsi di essere secondo, ma puntare alla vetta con la consapevolezza che, per superare chi è davanti, non basta essere i migliori, bisogna essere diversi. Il tempo e i titoli futuri daranno ragione a Sinner o all’ortodossia del tennis incarnata da George Goven. Fino ad allora, l’Italia intera osserverà con il fiato sospeso l’evolversi di questo affascinante e pericoloso esperimento.

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