In un’epoca in cui le crisi umanitarie si susseguono e il dibattito pubblico è spesso dominato da divisioni e polarizzazioni, una voce si leva forte e chiara, squarciando il velo dell’indifferenza: quella di Don Nandino Capovilla. Ospite de “Le Iene”, il sacerdote ha pronunciato un appello accorato e commovente per la Striscia di Gaza, trasformando il popolare programma televisivo in una potente piattaforma per la giustizia e l’unità. Le sue parole, cariche di indignazione e speranza, hanno puntato il dito contro l’immobilismo politico e l’ipocrisia internazionale, esortando tutti a “unirci tutti” per fermare quella che ha definito una “carneficina” e per custodire i valori fondamentali dell’umanità.
Il Tempo è Scaduto: La Denuncia ai Governanti Complici
Il messaggio di Don Nandino Capovilla è perentorio fin dall’inizio: “il tempo è scaduto per i governanti dei paesi complici, per tutti quelli che si nascondono dietro ai discorsi di equilibrismo, di non opportunità, di equidistanza”. Queste parole risuonano come una condanna inappellabile nei confronti di quelle nazioni che, pur avendo la possibilità di intervenire, scelgono di restare inermi o di adottare posizioni ambigue di fronte alla sofferenza del popolo palestinese. Il sacerdote non usa mezzi termini, accusando esplicitamente i membri delle Nazioni Unite di aver mancato al loro dovere di imporre a Israele “di fare entrare gli aiuti per gli affamati della Striscia” per anni.
La sua critica non si limita a un generico biasimo, ma si fa specifica e mirata, mettendo in luce le responsabilità precise di chi detiene il potere. Don Nandino evoca l’immagine di una comunità internazionale che si nasconde dietro giustificazioni diplomatiche, perdendo di vista l’urgenza e la gravità della situazione umanitaria. La sua voce è un richiamo all’azione, un’esortazione a superare l’immobilismo e a prendere una posizione chiara e decisa in difesa dei diritti umani. L’accusa di “complicità” è pesante, ma serve a sottolineare la gravità della negligenza e l’impatto devastante che essa ha sulla vita di milioni di persone. Il messaggio è chiaro: non si può più assistere passivamente alla tragedia senza assumersi le proprie responsabilità.
La Flottiglia Umanitaria e la Memoria della Distruzione
Don Nandino Capovilla non si limita a denunciare il passato e il presente, ma indica anche una via d’uscita, un’azione concreta che può ancora fare la differenza: “dimostrano subito che sono ancora in tempo per facilitare l’arrivo della flottiglia umanitaria sulle coste di Gazza che non sono quelle di Israele”. Questo riferimento alla flottiglia umanitaria non è casuale, ma richiama alla mente precedenti tentativi di portare aiuti via mare, spesso ostacolati e bloccati. La sua richiesta è un invito a superare le barriere politiche e militari per permettere l’arrivo di soccorsi vitali a una popolazione stremata.
Il sacerdote, inoltre, si fa testimone diretto della distruzione di Gaza, fornendo una prospettiva dolorosa e personale che va oltre le notizie dei telegiornali. “Ben prima del 7 ottobre con i miei occhi ho visto la distruzione di Gazza nel 2009”, racconta, descrivendo un paesaggio di macerie e desolazione. Ricorda di aver camminato “tra le macerie della torre della sede degli uffici degli organismi internazionali” e di essere salito “sull’ultimo grattacielo che ora senza nessuna protesta Israele ha abbattuto”. Le sue parole evocano immagini vivide di un territorio sistematicamente demolito, di una vita civile distrutta, di un popolo costretto a vivere in condizioni disumane. La visita agli “studi televisivi dei giornalisti più coraggiosi dell’era moderna”, anch’essi probabilmente vittime della violenza, rafforza il suo messaggio, sottolineando il coraggio di chi continua a raccontare la verità nonostante i pericoli. Questa testimonianza diretta conferisce al suo appello un’autenticità e una gravità inequivocabili, rendendo la tragedia di Gaza tangibile e ineludibile.
L’Appello all’Unità e alla Non Violenza Attiva
Il cuore del messaggio di Don Nandino è un vibrante appello all’unità: “oggi più che mai è questo il tempo di unirci tutti e tutte, di mettere i nostri corpi a sostegno dei bambini, delle donne, degli uomini che stanno perdendo la vita, la libertà, la dignità”. È una chiamata alla mobilitazione collettiva, un invito a superare le divisioni e a riconoscere la comune umanità che ci lega. Il sacerdote non chiede un intervento militare o una reazione violenta, ma invoca la “forza della non violenza attiva”, un principio che incarna la sua profonda fede e il suo impegno per la pace.
Questo tipo di non violenza non è passività, ma un’azione energica e consapevole, fatta di presenza, testimonianza e resistenza pacifica. Don Nandino invita le parrocchie a scendere in piazza “in solidarietà con i cristiani che a Gazza City non si sa più se sono ancora vivi”, evidenziando la condizione di estrema vulnerabilità di tutte le comunità religiose e umane nella Striscia. È un appello a “uscire dalle nostre case tutti uniti, fare rumore in nome loro per fermare la carneficina”. Il “fare rumore” non è inteso come violenza, ma come un’espressione forte e unita di dissenso, una voce collettiva che non può essere ignorata. È un’esortazione a non lasciare che la paura o l’indifferenza ci impediscano di agire, a non permettere che il silenzio diventi complice della distruzione.
Custodire i Valori per l’Intera Umanità
La visione di Don Nandino Capovilla va oltre i confini geografici di Gaza e gli specifici attori coinvolti nel conflitto. Egli sottolinea che la difesa della dignità umana e la lotta contro la “carneficina” sono cruciali non solo “per i palestinesi ma per l’intera umanità”. Questo allarga la prospettiva, elevando la crisi di Gaza a una questione universale che riguarda i valori fondamentali di ogni società. Se permettiamo che la dignità, la libertà e la vita vengano calpestate in un luogo, creiamo un precedente pericoloso che minaccia l’intera costruzione dei diritti umani.
Il sacerdote fa riferimento ai “valori che un tempo ci siamo dati che non possiamo rinnegare prima che sia troppo tardi”. Questi valori sono i pilastri su cui si fondano le società democratiche e civili: giustizia, rispetto, solidarietà, empatia. La sua esortazione è un monito a non dimenticare le lezioni della storia, a non permettere che l’odio e la violenza prevalgano sulla ragione e sulla compassione. Il rischio, avverte Don Nandino, è che la perdita di questi valori non colpisca solo le vittime dirette del conflitto, ma si estenda a tutta l’umanità, erodendo le basi stesse della convivenza civile e della dignità universale. È un appello alla responsabilità globale, un richiamo a difendere ciò che rende umani, prima che il punto di non ritorno venga irrimediabilmente superato. La sua voce è un faro di speranza in un mare di disperazione, un’esortazione a credere ancora nella forza dell’unità e della non violenza per un futuro di pace.