Il tennis italiano è in festa, ma dietro l’entusiasmo per l’ennesima impresa di Jannik Sinner si nasconde un’ombra. L’altoatesino ha conquistato con la consueta ferocia agonistica l’accesso alla finale dell’ATP 500 di Pechino, superando l’australiano Alex de Minaur al termine di una battaglia fisica e mentale estenuante, conclusasi in tre set. Sinner, il ragazzo di ghiaccio capace di trasformare la pressione in pura energia, ha dato prova ancora una volta di una resilienza straordinaria. Eppure, in questo clima di euforia, un’analisi più profonda del match rivela una crepa inattesa nella sua armatura tecnica, un segnale così preoccupante da spingere una leggenda del tennis come Paolo Bertolucci a un commento lapidario: “Paradossale!”.
La vittoria contro De Minaur, un avversario sempre insidioso e incredibilmente tenace, rappresenta un tassello fondamentale nel percorso di crescita di Sinner. Per la prima volta nella loro lunga serie di scontri diretti, l’australiano è riuscito a strappare un set all’azzurro, dopo averne persi ben ventuno consecutivamente. Questo dato, di per sé, testimonia la qualità e l’intensità della semifinale. Sinner stesso, pur riconoscendo la fatica e i segnali di stanchezza che il suo corpo aveva iniziato a inviare, ha subito gettato acqua sul fuoco delle preoccupazioni fisiche. “Ho una notte per recuperare, starò bene. La finale dà adrenalina,” ha dichiarato con la sua tipica calma glaciale . Un messaggio chiaro: la mente è già proiettata verso l’ultimo atto, e la fatica sarà annullata dalla posta in gioco.
L’elogio per De Minaur è stato sincero, un riconoscimento per una partita giocata a “livello molto alto” con “tanti grandi scambi” . L’italiano ha ammesso di aver dovuto elevare il proprio standard nel set decisivo per avere la meglio: “Nel terzo ho provato ad alzare il livello, ci sono riuscito, sono molto contento e ho molta fiducia,” ha commentato. Tutto lasciava presagire un clima di totale ottimismo, un’ulteriore conferma della maturità raggiunta dall’azzurro in una stagione già ricca di successi. Ma è qui che il sipario del trionfo si solleva per rivelare una zona d’ombra che gli addetti ai lavori non hanno potuto ignorare.
L’analisi statistica del match di Pechino ha messo in luce una preoccupante “inversione di tendenza” nel gioco di Jannik Sinner . Mentre nei tornei precedenti, come Cincinnati o gli US Open, le sue maggiori difficoltà si erano manifestate prevalentemente sulla prima palla, a Pechino il problema si è spostato in modo clamoroso sul suo secondo servizio. Questo colpo, per Sinner, è sempre stato un’arma di fondamentale importanza, una sorta di rete di sicurezza che gli consentiva di gestire i momenti di pressione e di non concedere facili occasioni di attacco agli avversari.
Il paradosso emerge con chiarezza cristallina nell’esame dei numeri. Se da un lato l’italiano ha mostrato un netto miglioramento nell’efficacia della prima palla, registrando un solido 64% di prime in campo con un impressionante 82% di punti vinti, dall’altro la percentuale di punti ottenuti con la seconda di servizio è precipitata a un misero 46%. Questo dato non è solo basso in termini assoluti, ma è catastrofico se confrontato con gli standard abituali di un top player come Sinner, e ancor più se messo in relazione con il suo avversario.
La differenza, infatti, è un abisso: quel 46% di Sinner risulta ben 22 punti percentuali inferiore rispetto al dato fatto registrare da De Minaur. In sostanza, ogni volta che Sinner è stato costretto a ricorrere alla seconda palla, si è trovato in una situazione di estrema vulnerabilità, trasformando un potenziale punto di forza in un evidente tallone d’Achille. Concedere quasi un punto su due al momento del secondo servizio è un lusso che un campione, in una finale contro un avversario di altissimo livello, semplicemente non può permettersi. È un invito a nozze per i ribattitori più aggressivi, che non aspettano altro che una palla più morbida su cui avventarsi.
È in questo contesto di allarme tecnico che si inserisce il commento diretto e incisivo di Paolo Bertolucci. L’ex campione, noto per la sua capacità di analizzare il gioco con lucidità disarmante, ha espresso tutta la sua perplessità sulla situazione. “Situazione paradossale, adesso che ha sistemato la prima di servizio Sinner ottiene una misera percentuale con la seconda,” ha chiosato Bertolucci . La parola “paradossale” riassume perfettamente la stranezza del momento: Sinner, dopo aver lavorato duramente e con successo per rendere la sua prima di servizio più incisiva e affidabile—un aspetto su cui si era concentrato l’attenzione dei suoi allenatori per gran parte della stagione—si ritrova ora con un problema speculare e inatteso sul colpo di chiusura. È come se, nel tentativo di rafforzare un muro, un altro, precedentemente solido, avesse ceduto sotto il peso della pressione e del riequilibrio tecnico.
Questa crisi della seconda palla non è un dettaglio trascurabile; è un campanello d’allarme che suona forte in vista dell’atto conclusivo del torneo. Il tennis moderno si gioca sui dettagli, e la capacità di proteggere il proprio servizio è la chiave per mantenere il controllo emotivo e tattico del match. Una seconda di servizio inaffidabile non solo regala punti facili all’avversario, ma costringe il giocatore a rischiare di più sulla prima, aumentando la probabilità di doppi falli e minando la fiducia complessiva. La pressione che l’avversario può esercitare sapendo di poter attaccare facilmente la seconda palla è immensa e si riverbera sull’intero repertorio del giocatore.
La grandezza di Jannik Sinner, tuttavia, risiede proprio nella sua abilità di trovare la via della vittoria anche quando il suo gioco non è al culmine della perfezione. Il fatto che abbia sconfitto un giocatore di livello come De Minaur nonostante un handicap tecnico così evidente è una testimonianza della sua forza mentale e della sua capacità di lottare su ogni palla. L’altoatesino ha dimostrato di sapersi aggrappare al match, di trovare soluzioni tattiche alternative, e di alzare il livello di aggressività negli scambi da fondo campo, compensando la fragilità del servizio.
Ora, con la finale alle porte, Sinner ha poco tempo. La notte di recupero che attende il campione non sarà dedicata solo al riposo fisico, ma presumibilmente anche a una profonda riflessione tattica e, per quanto possibile, a un affinamento del meccanismo della seconda palla. L’adrenalina della finale potrà fare miracoli in termini di energia e concentrazione, come lui stesso ha suggerito, ma non potrà, da sola, correggere un difetto tecnico così marcato.
Il cammino di Sinner a Pechino è stato una lezione di tenacia e un saggio di tennis ad alto rischio. Ha vinto una battaglia cruciale, ma il vero nemico potrebbe non essere il giocatore dall’altra parte della rete, bensì il fantasma statistico che ha reso “paradossale” la sua prestazione al servizio. L’Italia trattiene il respiro, consapevole che il suo campione è sul punto di un’altra impresa, ma con la consapevolezza che, per alzare il trofeo, dovrà risolvere, in poche ore, la crisi più inattesa e scottante della sua stagione. La finale sarà la cartina di tornasole per capire se Sinner è già in grado di trasformare anche il paradosso in un nuovo punto di forza.